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Liturgia della V Domenica del Tempo Ordinario - Anno B * |
Commento alle Letture tratto dal MESSALE DELL'ASSEMBLEA CRISTIANA - FESTIVO opera del CENTRO CATECHISTICO SALESIANO Leumann (Torino) Editori ELLE DI CI - ESPERIENZE - EDIZIONI O.R. - QUERINIANA |
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LETTURE:
Gb 7,1-4. 6-7;
Sal 146;
1 Cor 9,16-19.22-23;
Mc 1, 29-39 |
Malattia e guarigione |
La
malattia e la sofferenza che accompagnano la nostra vita generano uno
stato di paurosa insicurezza. Esse incarnano la debolezza e la
fragilità umana, sottoposte all’eventualità dell’inatteso e dell’imprevedibile.
Questa condizione umana contrasta con il desiderio di assoluto, di
stabilità e di sicurezza che pervade ogni uomo, e rende la sua
esistenza poco desiderabile (prima lettura lettura). Anche
l’uomo presentato dalla Bibbia va alla ricerca delle cause di questa
situazione. In un mondo dove la realtà viene rapportata continuamente a
Dio, la malattia e le disgrazie non fanno eccezione: sono viste come una
percossa di Dio che colpisce l’uomo. Con un movimento spontaneo il
senso religioso dell’uomo stabilisce un legame tra malattia e peccato,
a livello sia collettivo che personale. Soffrire
non è scontare una pena A
mano a mano che la fede di Israele diventa più profonda, affiorano
interpretazioni più complesse. La malattia non è necessariamente
legata ad un peccato personale, può essere anche una prova
provvidenziale mandata da Dio per rinsaldare la fedeltà dei suoi amici.
E’ il caso di Giobbe. Più profondamente ancora: la malattia apparirà
come mezzo di purificazione delle colpe, e sovente come mezzo di
affermazione dello spirito sulla materia. La
riflessione messianica farà eco a questa concezione: il Messia che
inaugurerà gli ultimi tempi, prenderà il volto del Servo sofferente
che si addossa le nostre malattie e le guarisce con le sue ferite. Quando
giungeranno gli ultimi tempi, e lo Spirito della vita avrà rinnovato la
terra, la malattia scomparirà definitivamente. I profeti, quando
descrivono l’avvento del Regno, parlano di guarigione delle malattie
incurabili: gli zoppi cammineranno, i ciechi avranno la vista, ecc. La
guarigione è un segno Per
questo la liberazione degli indemoniati e la guarigione delle malattie
operate da Cristo sono segno che gli ultimi tempi sono venuti e che il
Regno di Dio è in mezzo a noi (vangelo). La
guarigione non è l’atto di un taumaturgo, ma il gesto del salvatore
degli uomini; è in certo modo l’anticipazione della vittoria
decisiva del «passaggio pasquale», alla quale il credente già
partecipa, la vittoria dell’uomo nuovo che, sotto l’azione dello
Spirito Santo, fa ritornare tutte le cose nella loro verità, secondo il
disegno del Padre. L’esperienza
di una malattia o di una situazione di pericolo fa parte del bagaglio di
ogni uomo. In una società secolarizzata il dilemma tra rivolgersi al
medico o ricorrere alla preghiera o accendere una candela, non si pone.
Ciò non vuol dire che sia scomparso il senso religioso, e che tutto
questo sia segno di ateismo. Forse è cambiato semplicemente il modo di
incontrarsi con Dio. Nel
quadro della fede Cristo è liberatore-vincitore della morte attraverso
la sua risurrezione. La sua vittoria è radicale ma allo stato
potenziale. Compito dell’uomo «nuovo» è rendere consistente questa
vittoria di Cristo. Vincere
la malattia attraverso la ricerca scientifica può diventare un modo di
«vivere la risurrezione di Cristo». Debellare una malattia, eliminare
una piaga sociale è simbolo-sacramento della liberazione a cui il Padre
conduce l’umanità. La
Chiesa accanto ai malati Le
guarigioni dei malati operate da Gesù sono segni eccezionali del Regno
che viene. Quotidianamente la Chiesa esprime questa sua fede nel Regno
con l’assistenza ai malati. La
cura dei malati è per la Chiesa momento privilegiato di
evangelizzazione. Alla luce della passione e morte di Cristo essa
annunzia il significato e il valore autentico della sofferenza umana,
assunta a strumento efficace di salvezza per il malato e per tutti gli
uomini. Ma
la sua carità non si ferma qui. La Chiesa aiuta e conforta i malati con
un segno particolare dell’amore misericordioso di Dio, con un dono
speciale della sua grazia: il sacramento dell’Unzione degli infermi.
Istituito da Cristo, è stato enunciato da san Giacomo con queste
parole: «Chi è malato, chiami a sé i presbiteri della Chiesa e
preghino su di lui, dopo averlo unto con olio, nel nome del Signore. E
la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo rialzerà
e se ha commesso peccati, gli saranno perdonati» (Gc 5,14-15). |
Comprendere la grazia di Dio Dal «Commento alla Lettera ai Galati» di
sant'Agostino, vescovo |
MESSALE
Antifona
d'Ingresso Sal 94,6-7
qui fecit nos; quia ipse est Dóminus Deus noster.
Oppure: O Dio, che nel tuo amore di Padre ti accosti alla sofferenza di tutti gli uomini e li unisci alla Pasqua del tuo Figlio, rendici puri e forti nelle prove, perché sull'esempio di Cristo impariamo a condividere con i fratelli il mistero del dolore, illuminati dalla speranza che ci salva. Per il nostro Signore Gesù Cristo...
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura Gb 7, 1-4. 6-7 Notti di dolore mi sono state assegnate.
Giobbe parlò e disse:
È bello cantare inni al nostro Dio,
Guai a me se non annuncio il Vangelo.
Fratelli, annunciare il Vangelo non è per me un vanto, perché è una
necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo! Alleluia, alleluia.
Cristo ha preso le nostre infermità Alleluia.
Guarì molti che erano affetti da varie malattie.
In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di
Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di
Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si
avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed
ella li serviva. Sulle
Offerte
et mirabília eius fíliis hóminum, quia satiávit ánimam inánem, et ánimam esuriéntem satiávit bonis.
Beáti qui esúriunt et sítiunt iustítiam, quóniam ipsi saturabúntur.
Oppure: Cf Mc 1,34 Gli portavano i malati
Dopo
la Comunione Deus, qui nos de uno pane et de uno cálice partícipes esse voluísti, da nobis, quæsumus, ita vívere, ut, unum in Christo effécti, fructum afferámus pro mundi salúte gaudéntes. Per Christum.
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